29 settembre 2016

DEAD SLOW AHEAD




Una nave che salpa dal porto nel buio, draghi meccanici che vomitano al suo interno carbone necessario al suo incessante incedere,luci e sagome di città in lontananza a segnare una distanza non solo fisica che ha assunto ormai i connotati del distacco totale da tutto ciò che può ancora esser considerato umano.

E' lei la nostra protagonista, la Fair Lady, nave fantasma popolata da quelle che un tempo erano persone, ora ridotte ad ombre che si aggirano all'interno del suo ventre, schiavi di una routine che si protrae senza tempo in un silenzio asettico assordante, spezzato solo da stridii meccanici e dall'incessante rumore dei sonar.
C'è un senso di alienazione totale che pervade l'intera opera di Herce,la spersonalizzazione dell'individuo è tale da azzerare completamente il dialogo convenzionale ( tant'è che le uniche voci che sentiamo provengono spesso da telefoni o altoparlanti,spesso distorte e poco chiare), ma non è un fatto di incomunicabilità quanto più di rassegnazione alla propria sorte,perfino l'unico momento di svago (karaoke) è coperto dall'incessante rumore delle macchine che spezzano ogni tentativo di fuga dalla realtà sottolineando la più triste delle prese di coscienza : non si lavora per vivere ma si vive per lavorare.
C'è sicuramente una critica al capitalismo in tutto questo ma più che altro credo sia doveroso soffermarsi sul discorso tempo : 3 mesi di riprese, 70 minuti di film eppure DSA è straniante a tal punto da far perdere qualsiasi punto di riferimento temporale.
Impossibile dire con esattezza in che lasso di tempo avviene quello a cui stiamo assistendo, potrebbe essere un giorno come una vita, l'unica certezza che abbiamo è che per quanto lentamente avvenga c'è un tempo che scorre e che non tornerà più.
Fuori da questa dimensione aliena questi uomini hanno mogli che non vedranno partorire e figli che non vedranno crescere eppure tutto continua a scorrere inesorabile,senza una meta, senza sapere come...tutto procede alla velocità minima possibile ,quella che per quanto impercettibile non arriva mai a fermarsi ( Dead Slow Ahead nel linguaggio navale) , proprio come la vita degli operai,sempre più svuotata verso la morte ma nonostante tutto pulsante ancora quel minimo per procedere d'inerzia...

Dinanzi alla vastità del tempo l'uomo è minuscolo e sperduto, sovrastato dall'immensità dello spazio come l'operaio in mezzo ai chicchi di grano, una presenza talmente impercettibile che a 20 minuti dal termine scompare del tutto lasciando spazio all'unica cosa che resiste immortale nel tempo , il freddo metallo della nave, mostro meccanico il cui ventre è  bara che racchiude l'eco infinito delle voci di chi c'è stato, l'incessante suono dei sogni infranti ,delle vite mutilate, delle parole non dette.

Mentre la mdp ispeziona il centro della nave, un ammasso di arterie meccaniche che conducono alla turbina centrale,  cuore che pulsa incessantemente nel buio nutrendosi delle esistenze umane, si ode una telefonata di un operaio alla moglie che si interrompe per mancanza di segnale.

E' l'ultima cosa ancora umana che ci è concessa, una frase interrotta che resta li sospesa e  non verrà mai ascoltata ,l'ultimo segno di vita che ha il suono di una metastasi.

Pronto ?

C'è nessuno ?

Mi senti ?

Mi senti ?

MI SENTI ??







3 commenti:

  1. Non mi cogli del tutto impreparato, questo film ce l'ho segnato da tempo perché ne lessi a proposito su Uzak (mi pare). Le suggestioni che avevo avuto guardando le immagini mi sembra che trovino conferma nelle tue parole. Ovviamente non si vede l'ora di poterlo visionare :)

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  2. Ti scrivo qua perché la mia casella di posta continua a darmi problemi e adesso non mi invia le mail, pare che io sia finito in una blacklist. Comunque: grazie infinite. E non ti preoccupare, mi atterrò alla tua raccomandazione, anzi mi scuso per la volta precedente se sono stato troppo avventato nella pubblicazione.

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  3. Visto: molto molto interessante.
    Grazie ancora per l'opportunità.

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