12 settembre 2018

NUESTRO TIEMPO




Non è assolutamente facile per me parlare di Nuestro Tiempo.
Reygadas non è semplicemente il mio regista preferito ma è quanto di più vicino nella mia vita ci sia stato ad una guida spirituale, una sorta di entità divina che con la sua arte ha cambiato la mia visione delle cose.
E Nuestro Tiempo spiazza non solo perchè risulta di un dolore e di un intimità laceranti ma proprio perchè mi ha mostrato il Reygadas uomo, semplice essere umano passionale, frustrato, amante della bella vita, guardone ,scambista , malinconico e fragile come tutti noi comuni esseri umani.

Non posso dire con certezza matematica che questo film sia autobiografico al 100%, ma tutto in quest'opera ( a partire dalla scelta di utilizzare il proprio nucleo familiare come cast seppur con nomi differenti da quelli reali) lascia intendere che Nuestro Tiempo sia stato concepito come una catarsi atta ad esorcizzare i fantasmi della vita di coppia del regista stesso e ,da un punto di vista ancor più ampio, a cercar di comprender la complessità e la fragilità dei rapporti umani.

Juan ed Ester sono una ''coppia aperta'' ma dopo che quest'ultima intraprende una relazione sessuale con un giovane ''gringo'' , Juan inizia a soffrire (e noi con lui) di un incontrollabile gelosia che lo porta ad interrogarsi sul reale significato del concetto di amore : un sentimento potente ma paradossale in quanto necessità di esclusività per potersi definire tale ma è proprio quell'esclusività che lo rende un ostacolo alla libertà individuale dei parters.

Juan (Reygadas) teme che sua moglie possa innamorarsi del gringo perdendo così la possibilità di essere amato in quel modo assoluto e totalizzante che desidera e questo non fa altro che distruggere la sua effimera illusione di poter controllare gli eventi , la sua (purtroppo) tipica convinzione maschile di esser in grado di gestir ogni situazione.

In un primo momento condividiamo la gelosia di Juan e gli diamo perfino ragione , ma tutto diventa confuso e complesso quando tramite una voce fuoricampo veniamo a conoscenza di una parte del passato di Juan in cui egli stesso si è trovato nella stessa situazione ma dall'altra parte della barricata, trovandosi nella difficile situazione di dover troncare la relazione con l'ex moglie ancora perdutamente innamorata di lui.

Questa nuova prospettiva ci getta nello sconforto anche perchè chiunque abbia mai amato davvero nella propria vita si ritroverà inevitabilmente a rivivere in quel limbo di incertezza, in bilico tra l'irreversibilità del baratro e la remota possibilità del miracolo.

Tutto diventa ansia, ogni sequenza il preludio ad un imminente tragedia.

Ed il tutto è meravigliosamente messo in scena da uno che è maestro nel modellare i tempi della narrazione fino a farle assumere una dimensione reale di intimità e che riesce a trasportare tutta questa carica emotiva in una prova attoriale di una sincerità commovente che culmina nella meravigliosa scena del pianto dinanzi all amico morente; stati d'animo differenti ma entrambi sulla stessa banchina in attesa dell'autobus che porta al capolinea.

Resta solo da capire come e quando, così come resta da capire quale dei due stia realmente morendo.

Il vuoto siderale che scava dentro Juan in quel momento è in netta contrapposizione con l'amore dei familiari presenti e premurosi al capezzale dell'amico morente.

L'amore, quella luce tra gli alberi che scandisce il nostro tempo.

La luce dell'alba che veglia su bestie numerate dentro ad un recinto,  lassù, distante dalle miserie umane.






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