24 marzo 2018

Mon Mon Mon Monster




Mai e poi mai mi sarei aspettato che un film con un titolo del genere potesse rivelarsi una vera e propria chicca capace di metter d'accordo sia i fan dello splatterone ignorante sia coloro che in un opera cercano una maggior caratterizzazione degli aspetti più introspettivi.
Mi aspettavo il solito horrorino orientale simil trash ,magari con finale aperto ad un sequel o peggio ancora il classico film in cui alla fine il bene trionfa e finisce a tarallucci e vino.

Mon mon mon monster invece è un sapiente mix di generi,parte quasi come una commedia demenziale per poi diventare sempre più grottesco fino a sfociare nell'horror più convenzionale, restando tuttavia sempre originale e imprevedibile nel suo incedere, ma andiamo con ordine.

Shun-wei è il classico 15enne sfigatissimo e secchione con tanto di orecchie a sventola e capelli a scodella. Talmente sfigato che non solo è vittima di continui scherzi da parte dello zoccolo duro dei bulli della sua classe ma è anche sbeffeggiato senza ritegno e spesso umiliato dalla sua stessa insegnante, un'invasata religiosa che anzichè prender le sue difese lo rimprovera di non esser in grado di stare al mondo.
L'unica persona che sembra provare empatia x il poveraccio è una ragazza obesa, se possibile ancor più emarginata di lui che puntualmente viene allontanata e irrisa da shun wei stesso.

Il fattore interessante che subito balza all'occhio è notare come in qualsiasi altro film lo spettatore proverebbe compassione x questo sfortunato (co)protagonista oggetto di vessazioni ,qui invece ci viene da disprezzarlo pure noi proprio perchè la sua incapacità di reagire ai soprusi si unisce alla sua vigliaccheria nel prendersela con chi è perfino più debole di lui mettendo subito in luce un circolo vizioso di violenze senza soluzione.
D'altro canto non possiamo nemmeno patteggiare per il manipolo di bulletti capitanati da quella carismatica carogna di Ren hao che inizialmente ci appare come il classico figlio di papà intoccabile a cui tutto è concesso.
Ci troviamo quindi spiazzati nell'assistere ad una situazione in cui non ci sono personaggi cosidetti ''buoni'' o perlomeno positivi nei quali identificarci e la situazione precipita quando a seguito di una punizione ricevuta dall'insegnante ,Shun wei e i bulli si trovano costretti a scontare una punizione in ore di servizi socialmente utili.
Le loro visite nelle quali dovrebbero assistere anziani bisognosi e indifesi si trasformano in feroci scorribande di furti e umiliazioni ai danni di questi ultimi , mettendo in risalto tutto il vuoto, la noia e la cattiveria delle nuove generazioni che agiscono impunite e senza motivo.
La genialità di Giddens Ko tuttavia sta nel mostrarci tutto questo senza mai cadere nella retorica e nel moralismo spicciolo stemperando con un ironia nerissima queste situazioni disturbanti al punto di lasciarci interdetti e confusi come davanti a qualsiasi meme di black humor , ridi si, ma un po' ti senti una brutta persona.

Quella che però sembra essere a tutti gli effetti una semplice commedia nera sul tema del bullismo prende una svolta inaspettata quando a seguito di un furto nell'appartamento di un anziano i nostri antieroi si imbattono in 2 creature mostruose a metà strada fra uno zombie e un vampiro e dopo esser sopravvissuti all'attacco riescono a imprigionare una delle due in uno scantinato che usano come luogo di ricreazione e la sottopongono a torture di vario genere.

Oltre alla svolta horror /sovrannaturale assistiamo ad un cambiamento importante nella personalità di Shun wei, il quale pur restando l'ultima ruota del carro nella gerarchia del gruppo comincia ad assumere un atteggiamento ambiguo nei confronti della creatura imprigionata aiutando sì i bulli a torturarla ma anche mostrando talvolta dei segnali di empatia ( userà ad esempio il suo sangue per nutrirla).

Sembra qualcosa si stia iniziando a smuovere nel suo animo anche se lo vediamo sempre più parte del suo nuovo gruppo di ''amici'' ,i quali nonostante continuino a sfruttarlo e irriderlo, dimostrano anche di saper prendere le sue difese quando persone estranee al loro nucleo provano a prendersi gioco di lui, specie Ren Hao che in veste di capobranco vuole rivendicare la sua esclusiva sulle prepotenze che si possono infierire a shun wei.

A seguito di una bravata del gruppo finita in tragedia ( e rigorosamente filmata con smartphone e messa in rete) però, la seconda creatura ( sorella maggiore di quella imprigionata) si mette sulle tracce degli aguzzini della sorellina e qui inzia il bagno di sangue.

La seconda creatura inizia un massacro indiscriminato di studenti nella disperata speranza di rintracciare gli autori del sequestro e punirli compiendo così una vera e propria strage di innocenti che culmina nella meravigliosa scena del pulman nella quale perde la vita la fidanzata di Ren hao ( un altra stronza che la metà basta).

Ci troviamo davanti ad un vero e proprio tripudio di nichilismo in cui empatia e redenzione diventano vocaboli sconosciuti e credo mai come in questo caso ci troviamo immersi in una situazione ambigua nella quale è impossibile prendere una posizione dal momento che è impossibile delineare chi sono i veri mostri.

Ogni evento è semplicemente una sfumatura di nero che ci mostra una società sempre più meschina e priva di valori.

Sangue chiama sangue.

Si arriva così alla resa dei conti nella quale Ren Hao escogita un piano per intrappolare il secondo mostro nello scantinato in cui è relegato il mostro più piccolo per ucciderli entrambi.
Ma tutta questa spirale di nichilismo ha segnato profondamente il giovane Shun wei il quale all'ultimo istante decide di sovvertire i piani di Ren Hao sabotando i compagni e consegnandoli di fatto al massacro da parte della sorella del mostro per vendicare tutte le angherie subite.

Ma la furia distruttrice della seconda creatura non si arresta e Shun wei è costretto a eliminarla personalmente bruciandola viva assieme alla sorellina in quella che con ogni probabilità è la scena più toccante dell'intera pellicola, ed è fortemente significativo il fatto che l'unico gesto d'amore sia perpetrato da 2 mostri.

Chiuso il cerchio Shun wei torna a scuola ma anche con mezza scuola decimata continua a subire sbeffeggi dagli alunni rimasti.

Malgrado tutto quello che ha vissuto e sopportato in totale solitudine per gli altri resta una nullità .

Nulla sembra cambiato, anzi il suo animo sembra diventato ancora più nero quando avvicinandosi al tavolino della ragazza obesa che mangia da sola le rovescia il bicchiere per terra dicendole : ''tu non sei come gli altri'', una frase orribile che sembra chiaro emblema della sua trasformazione in vero figlio di puttana proprio come i suoi defunti compari.

Ma è proprio qui, nel finale che il film si eleva a tripudio di emozioni e diventa realmente galvanizzante quando ci accorgiamo che Shun wei ha avvelenato l'acqua dell'istituto col sangue di una delle creature e che quella sua ultima azione apparentemente disumana è in realtà il solo modo che ha per riscattarsi preservando l'unico personaggio positivo della storia e pagando il suo debito con il mondo : con la vita.

Non resta altro che unirci al suo grido liberatorio e sperare nel perdono.


Polvere alla polvere, cenere alla cenere.






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